Il discorso per l’Andersen 2018

I DON’T NEED NO JEWELS IN MY CROWN

Grazie. Credo di essere il primo Premio Andersen che ha nella motivazione la parola “acribia”. Questo mi onora molto. Non so che cosa voglia dire, ma mi fido. L’altro giorno in una scuola me l’hanno chiesto: credono sia una malattia. Ho finto che la fosse, e mi sono stati tutti lontani per tutto il tempo.

Andersen in fondo un premio me lo aveva già dato. Nel ’99 mi ero presentato, era un sabato. Facevo giornalini per bambini allegati a un quotidiano. Gualtiero Schiaffino mi aveva chiamato “il giornalinista”, e lo avevo messo anche sui biglietti da visita. Collaborare per Andersen per me era stato già un primo premio. Il primo articolo che avevo scritto era la recensione di un libro che si intitolava “Babbo Natale e il micino”. Pazienza. Si può migliorare.

Poi ci sono state altre persone che mi hanno aiutato. C’è stata Grazia Nidasio, con cui ho fatto “Alfabeto ebraico” (Adriano Salani Editore). Sono stato tipo settantotto volte a casa sua, quattro volte per ogni pagina, e parlavamo di tutto tranne che del libro. La prima volta mi ha portato nel suo giardino, dietro, e mi ha detto: «Di che colore è l’aiuola là in fondo? E ho detto: «Blu». Mi ha accompagnato vicino a questa aiuola e lei era riuscita a far spuntare tanti fiori blu diversi tutti nello stesso momento. Erano sedici fiori di sedici blu diversi.

Poi c’è stata Beatrice Masini che ha accettato “La repubblica delle farfalle” per Rizzoli. Mi ha chiamato, ricordo benissimo quella telefonata, e mi ha detto: «Allora lo facciamo». E io preso dall’emozione non ho capito com’era fatta la punteggiatura di questa frase. Allora le ho chiesto: «Beatrice, dimmi la punteggiatura di questa frase», perché non riuscivo a capire se c’era un punto di domanda o un punto. E quando mi ha detto «punto» ho capito che non sarebbe stato un punto. Da lì in poi qualcosa sarebbe successo.

E poi ci sono delle persone da ringraziare anche qua. C’è Andrea Valente, c’è Guido Affini, che sono le persone che leggono le mie cose molto prima che le dia agli editori. Sono le mie cavie umane e probabilmente hanno anche un po’ di acribia nei miei confronti, o gliel’ho attaccata io, non lo so.

Grazie. Lavoro tutto l’anno sulla Memoria. Lavoro tutto l’anno su cose molto tristi. E quindi, alla fine, quando salgo su un palco e faccio il cretino forse è anche per difesa. Per autodifesa.

Questo premio è molto importante. Grazie.

 

(foto © Mara Pace – Premio Andersen 2018 – il titolo è un verso di “Tumbling Dice” – The Rolling Stones)