Quanto costa essere buoni
Tempo fa in un incontro sulla Shoah avevo detto che oggi tante persone soffrono per motivi diversi ma in maniera simile a quanto soffrirono gli ebrei 70 anni fa. Avevo premesso che non c’è niente di nuovo nel mio pensiero ed è perfino banale dirlo. Un signore dal fondo della sala decise di contraddirmi spiegando che gli immigrati sono un costo sociale. Così improvvisai una risposta.
Ho partita Iva e pago tutte le tasse. Tutte. Grazie al cielo non sono l’unico. Ma noi che paghiamo le tasse sosteniamo i costi della nazione anche per chi non le paga. Pago l’asfalto delle strade per chi ci viaggia coi furgoncini in nero, pago l’ospedale per far nascere la figlia dell’idraulico che non fa le fatture, pago gli insegnanti delle medie al figlio del notaio che prende la busta a parte (furgoncino, notaio e idraulico sono solo esempi presi a caso, non vogliatemi male).
Questi sono i miei costi sociali: pagare alla fine dell’anno il 10-15% di tasse in più perché un numero molto alto di cittadini italiani non le paga o ne paga pochissime. Così al signore dell’ultima fila dissi più o meno che alcune migliaia di immigrati da curare, accudire, sostenere, sono un numero ridicolo rispetto alle centinaia di migliaia di italiani che sostengo già. E la questione è solo e soltanto umana, perché a livello di costi puramente economici la si risolve.
Non credo di avergli fatto cambiare idea. Spero però che anche lui stamattina legga gli articoli che spiegano che ogni anno nella nostra nazione vengono evasi 111 miliardi di euro. E faccia due conti.