Sant’Anna di Stazzema, mille anni dopo…
All’alba del 12 agosto 1944, truppe naziste insieme ai fascisti della brigata “Mussolini”, travestiti da soldati tedeschi (ma la gente li sente parlare italiano), salgono lungo il crinale del monte che porta a Sant’Anna di Stazzema e ai borghi vicini. Oggi c’è una strada piena di tornanti a strapiombo, dove la macchina sale a fatica e con qualche brivido, ma quel giorno la strada non esisteva ancora. Nazisti e fascisti passano per i sentieri ripidi portandosi fucili, bombe a mano e mitragliatori pesanti. Anzi, i mitragliatori pesanti se li fanno portare da alcuni individui che poi verranno uccisi, per non lasciare testimoni. Ore di cammino faticoso e impervio, solo per compiere omicidi. Giusto per ricordare chi erano i nazisti e chi erano i fascisti.
Da Sant’Anna li vedono arrivare, gli uomini fuggono sapendo che forse verranno rastrellati, donne e bambini rimangono, convinti che l’azione nazi-fascista alla peggio distruggerà le abitazioni. Qualche donna nasconde le scorte di grano.
Non è una rappresaglia, è un atto di terrorismo contro la popolazione. I nazisti e i fascisti uccidono centinaia di persone, mitragliandole sul sagrato della chiesa, uccidendole nelle stalle e poi dando fuoco agli edifici, radunandole e massacrandole con le bombe a mano. Eliminano con precisione gli abitanti del luogo e tutti gli sfollati (oggi di difficilissima identificazione) che erano arrivati lì nelle settimane precedenti, credendo che quelli fossero luoghi sicuri. Trecentocinquanta morti identificati, e poi tutti gli altri, più di duecento, dei quali non si conoscerà mai nemmeno il nome. Tra di loro, centotrenta bambini.
Eccomi qui a Sant’Anna di Stazzema. Dove un bel sole illumina il bosco ora silenzioso. Dove l’aria parla ancora di quelle persone, dei loro nomi, della loro storia così breve e così difficile da raccontare.