Respirare, fuori

estate114

Quando fai un laboratorio, il laboratorio sei tu. E sei tu soprattutto perché porti l’aria che c’è fuori. Come chi ha il caminetto in casa, sa di caminetto. Come chi coltiva un campo sa di campo, di barbabietole, di sveglie all’alba. Tu che fai il laboratorio porti da fuori quell’aria. L’unico sapere in fondo che passi è perché sai di qualcosa, non perché sai qualcosa. È l’odore del fuori, buono o cattivo che sia, però è fuori. Tu sei quello che non si vede dalla finestra.

 

Tu hai portato il fuori in un luogo, e quel luogo ti è rimasto addosso, ne porterai l’odore per un po’.

Se il laboratorio è serio, ha il gusto di qualcosa che non c’è. È quel che succede quando non scrivi e tu sei scrittore, quel che succede quando non parli e sei un chiacchierone, quando non disegni e sei illustratore, quando non canti e sei cantante. Un laboratorio è quello spazio che separa te stesso da un altro te stesso. Da te scrittore a un altro te scrittore, tra qualche ora, qualche giorno. Si somigliano, spesso tantissimo, i due te: ma non sono uguali, guardaci bene. Il secondo ha il sapore del dentro. Tu hai portato il fuori in un luogo, e quel luogo ti è rimasto addosso, ne porterai l’odore per un po’.

Oggi ho incontrato un gruppo di ragazzi di terza media, erano davvero belli, erano come avrei voluto essere io a quell’età. Mi piacerebbe sapere anche solo un briciolo di quello che sanno loro.