Veglia su di me

Veglia su di me

Accademia Santa
Cecilia, Roma
pp. 96 – € 14,00
ISBN: 9788863953367

illustrazioni di
Lucia Scuderi

Una famiglia strampalata. Il papà dice di lavorare in un importante locale jazz. La mamma fa la cantante ed è via per lavoro. E in mezzo c’è Dora, che ha 11 anni ed è tanto attenta alle cose, non si accontenta mai di quel che vede. Sarà la musica di un pianoforte a tenerli insieme. Sarà l’amore a tenerli uniti. E musica e amore passano attraverso Dora e il suo mondo, i suoi sogni, la sua voglia di ritrovare calore, di trovare legami inaspettati, di abbracciare. Vagamente ispirata a una celebre canzone jazz, una storia d’amore, di musica e di coraggio. Come dice la canzone, c’è qualcuno che ha la chiave per aprire il mio cuore: quella chiave si chiama Dora.

Il mondo gira perché qualcuno lo fa girare. Gira e gira e mai si ferma, ti senti il cuore che vorrebbe uscire dalle orecchie e fuggire là fuori, dove il freddo nemmeno lo sentiresti perché stai girando di gioia. Chissà quali orme lascia il cuore nella neve. Gira e gira, Dora urla di felicità.
L’automobile rallenta fino a fermarsi, con un ultimo cigolio ha smesso di ruotare su se stessa ed è tornata al punto di partenza, dritta e pronta, il motore ancora acceso scoppietta e la neve riprende a posarsi sul parabrezza, placida e stanca nel grande parcheggio. L’insegna del supermercato è spenta da tanti anni, e dove un tempo si accalcavano le macchine oggi non c’è più nessuno. Il papà di Dora tira un sospiro di soddisfazione, ha le mani strette al volante e osserva la figlia seduta sul sedile accanto a sé. Dora ricambia lo sguardo e suo padre sa già cosa sta per chiedere: «Ancora?»
Il papà di Dora ha tre passioni: il pianoforte, cucinare e fare i freni a mano. Le ha trasmesse alla famiglia. Quando in città arrivano le prime giornate di freddo, Dora osserva il cielo con gli occhi pieni di desideri, e il desiderio più forte s’intitola “fare i freni a mano”. Quando il cielo decide di esaudirla, lascia cadere neve fitta per un paio di giorni e chiede all’aria di farsi umida e raggelante perché sulle strade l’asfalto si ricopra di un sottile e invincibile strato di ghiaccio. Un bel rischio per chi deve uscir di casa, per la signora con le scarpe lisce che scivola sulle chiappe, per chi consegna la pizza come in una gara di slittino, per gli automobilisti che se sfiorano i freni non tengono più la macchina.
Ecco, i freni. Sono proprio quello il divertimento di Dora e di suo padre. Fare i freni a mano significa prendere l’auto di famiglia, uscire alla sera, cercare un parcheggio vuoto, e per fortuna ce n’è uno vicino a casa, là dove un supermercato aveva aperto e chiuso nel giro di due mesi, e una volta arrivati nel parcheggio bisogna controllare che non ci sia nessuno in giro, allacciarsi strette le cinture, reggersi ben saldi a qualsiasi cosa, tirare un gran respiro e via: accelerare a tavoletta sull’asfalto ghiacciato e lanciare un fortissimo grido di battaglia mentre si tira di colpo il freno a mano. Ciò che accade subito dopo risponde a due semplici leggi della fisica. La prima: se improvvisamente si bloccano le ruote di un’automobile che fila veloce come una sassata sopra una superficie ghiacciata, il calore generato dall’attrito tra i copertoni e il terreno scioglie uno strato di ghiaccio sottile ma abbastanza consistente da far mancare aderenza al mezzo, totalmente, che devierà dalla traiettoria iniziale e comincerà a girare vorticosamente. La seconda legge della fisica: quel che accade è una divertentissima cretinata.
Sembra di sentir parlare la mamma: «A voi piace, ma è una divertentissima cretinata».
Dora e papà lo sanno: la mamma non approva, ma tanto non è mai a casa. E stasera nevica, e lo fa già da due giorni, e ha fatto un freddo gelido. Un’ora fa, quando papà ha guardato Dora che leggeva un libro in salotto, e poi ha fissato la finestra appannata oltre la quale cadeva la neve, e poi ha di nuovo guardato Dora, entrambi hanno capito che desideravano la stessa cosa anche senza tante parole: «Freni a mano?»
Ed eccoli lì. Felici e frastornati dopo un altro giramento. L’auto ballonzola da una ruota all’altra come una ballerina stanca.
«Se la mia vita fosse uno strumento musicale, sarebbe un pianoforte col freno a mano», ride suo padre.

Veglia su di me

I’d like to add his initial to my monogram / Tell me, where is the shepherd for this lost lamb / There’s a somebody I’m longin’ to see / I hope that he turns out to be / Someone who’ll watch over me…

George Gershwin
Ira Gershwin
1926