Sempre di corsa, dal 1972

È mattina presto, sono le 7 in punto ma sono i primi di settembre 2012 e siamo a Mantova. Fa fresco e c’è il sole, si riscalderà. Shaul Ladany si sistema le scarpe e faccio in tempo a scattargli questa foto. Siamo insieme ospiti di Festivaletteratura, e abbiamo già fatto un paio di incontri insieme. So che lui va a correre tutti i giorni, e ho pensato che ne avesse voglia anche qui in Italia. Così il giorno prima avevo fatto la proposta.

io: «Shaul, se domani vuoi andare a correre, conosco un po’ la zona e se vuoi ti accompagno».
Ladany: «Molte grazie, perfetto. Domattina alle 6».
io: «Alle 6, sicuro?»
Ladany: «Sicurissimo».
io: «Alle 6 fa ancora buio» (che bugiardo che sono, non era vero)
Ladany: «Allora alle 7».

Siamo nati entrambi in aprile. Quel giorno Shaul ha 76 anni e io 37. Corriamo per 2 ore a fila. Siamo quasi in provincia di Verona, forse. Il sole si è alzato già tanto e Shaul non smette di correre. Ha scarpe bellissime.

Ladany: «Me le regalano perché sanno che le uso parecchio».

Io ansimo e lui va. E parla, anche. Shaul racconta. Racconta di Monaco ’72. Della sua camera evitata dai terroristi palestinesi di Settembre Nero.

Ladany: «Alloggiavo con due che facevano tiro a segno, avevano le pistole nelle borse vicino ai letti. Erano pistole da competizione, ma da vicino feriscono. Forse i terroristi hanno evitato camera nostra per questo. O forse, più probabilmente, è stato solo il caso. Un grande caso. Sono scappato dalla finestra. Sentivo i colpi di arma da fuoco dietro di me».

Il 5 settembre 1972, esattamente 50 anni fa, alle 4 del mattino un gruppo di terroristi sequestrò alcuni atleti israeliani negli alloggi delle Olimpiadi di Monaco. Quel che successe in seguito è storia comune: una strage, e la morte di 11 atleti israeliani, 1 poliziotto tedesco, 5 terroristi.

Correvo con Shaul Ladany quando quell’attentato aveva 40 anni. Oggi l’attacco terroristico ha 50 anni e viene ricordato in vari modi a Monaco. Ladany quel giorno non smetteva di correre, come volesse scrollarsi dalle spalle il ricordo.

Ladany: «Ogni anno vado a correre per tanti chilometri quanti sono i miei anni. Ma la settimana prossima ho promesso a Mark Spitz di partecipare a una nuotata di beneficienza. Nuotiamo per tre chilometri nel lago di Tiberiade».
io: «Tre chilometri».
Ladany: «Vieni anche tu?»
io: «Non so nuotare».

È inarrestabile. Come se correre salvasse la vita. Lui che era stato in un lager nazista, a Bergen-Belsen nel ’44, e poi la guerra dei Sei giorni nel ’67, e poi a Monaco nel ’72. Ne aveva viste tante, con gli occhi e con le gambe. Mi racconta di tutto, uno che ha attraversato il Novecento tutto d’un fiato. Finalmente si ferma di colpo e guarda l’orologio.

Ladany: «Ho dimenticato che ho un appuntamento tra un po’. Torniamo?»
io (fingendo di avere ancora tanta energia e di non essere spompo come invece sono): «Guarda, Shaul, facciamo come vuoi…»

Torniamo. Ci salutiamo con una stretta di mano promettendoci di rivederci, chissà, in futuro. Non ci siamo più incontrati. Ma quei tanti chilometri fatti insieme mi restano ancora nelle gambe. E nel cuore.