Quando attraversiamo la notte

Questa notte ho sognato il Camo.

Non mi era mai successo. Neanche dopo la primavera scorsa. Eravamo a Resy senza che fosse Resy. Quando sogno Resy non è mai Resy: è un posto che nel sogno chiamo Resy ma al risveglio so che non lo era. O forse sì. Perché i sogni sanno che Resy non è una montagna, non è un punto geografico e nemmeno una planimetria.

Ho sognato il Camo. Era la fine di una serata e gli adolescenti che avevamo accompagnato erano già andati a dormire. E con loro gli altri educatori lassù con noi.

Ma noi non avevamo il tempo di guardare le stelle: io, per un motivo che nel sogno non mi è stato chiaro, avevo lasciato mille cose utili altrove, forse a valle, forse nel baule della macchina parcheggiata nel primo paesino, là sotto, a un’ora notturna di cammino.

«Scendo a prendere le cose che servono per domani».

«Ti faccio compagnia», ha detto lui.

E nel sogno le nostre luci, nella notte d’estate, hanno preso a tagliare il bosco e a illuminare alberi e fiori e l’umido che sale su per la montagna.

Mi sono svegliato. Il sogno aveva ragione: abbiamo ancora un domani per correre, e noi a cercare le cose che servono per affrontarlo. Ovunque siano.

E poi c’è qualcuno che non si stanca di farci compagnia, quando attraversiamo la notte.