Anne Frank, sulla soglia

Dov’è il tuo citofono, ora c’è scritto un altro nome. Sotto il citofono, sulla soglia della porta a vetri, si siede una ragazzina di 11 anni e guarda i suoi amici giocare. Ti ricordi? Passavo a suonare e chiedevo di te, poi via a correre con gli altri tutto il giorno, a nasconderci, a fare scherzi, a tirare al pallone sulla strada. Ora dove abitavi tu ci abita una famiglia arrivata dall’Albania. Dalle tue finestre, ricordi, ci affacciavamo a sbirciare la gente che passava là sotto: alla sera, oggi, da quelle stesse finestre esce una bella musica balcanica. Sorrido a pensare che ora la gente sono io e da dietro quelle tende i ragazzini dell’Albania sbirciano me. Il muro che serviva per le nostre pallonate ora serve ad altro. La strada che serviva a noi, ora serve a quei ragazzini della via che si lanciano in discesa coricati con la pancia su vecchi skateboard recuperati chissà dove e senza nemmeno rispettare lo stop disegnato per terra. Li guardo con invidia: noi una follia così, nelle mille follie che siamo riusciti a realizzare, non l’abbiamo mai osata. Forse ci mancavano le tavole con le ruote. O forse quel coraggio di chi si sente ancora per un po’ fuori dal mondo.

Il quartiere dove vivevamo è cambiato. Si sentono tante lingue, dalle finestre escono mille profumi diversi, ma mi sembra, e forse sembra anche a te, che questi bambini guardino le strade e le cose con i nostri stessi occhi, gli occhi del felino nella giungla, gli occhi di chi legge in tutto la parola avventura, la parola scoperta.

Passo e mi salutano. Non lo sanno cosa so di queste strade, di queste pallonate, e io non glielo direi nemmeno se me lo chiedessero. Risponderei spallucce, oppure non so, non c’ero. E se c’ero non facevo le gare come loro. A ogni generazione tocca scoprirlo, e adesso tocca a loro, albanesi marocchini pakistani italiani. Borgonovesi, tutti, ne sono proprio convinto. Il vento li ha portati qui, sono tornati i ragazzi nel quartiere, come da anni non se ne vedevano.

Sai, anche Anne Frank era una ragazza nuova ad Amsterdam. Esattamente 75 anni fa scrisse la prima pagina del suo Diario, il 12 giugno 1942. Il vento l’aveva portata lì dalla Germania. Non era un vento tanto diverso da quello che ha portato qui questi ragazzi. E penso che nei loro pensieri ci siano i diari di oggi, le loro giornate che raccontano a se stessi alla sera. Sai, forse ci siamo dentro anche io e te. Si chiederanno perché sono curioso di vedere cosa fanno. Si chiederanno chi suonava il campanello prima di loro, tanti anni fa, chi giocava tra gli alberi del viale. I loro diari, ne sono certo, sono pieni delle storie di oggi e delle domande di ieri.

Sono stato così tanto vicino ad Anne Frank da capire, solo a un certo punto, che Anne non andava più guardata. Gli occhi andavano rivolti a nuovi diari, non meno importanti. A quella porta a vetri, a quella musica dalle finestre, a quelle pance sugli skateboard lanciati a tutta velocità.

Buona fortuna, ragazzi del quartiere. Buona fortuna a te, Anne Frank seduta sotto il citofono, che guardi gli altri giocare.