Dispari – Di Paris

dispari

Addolorati e interpellati dagli eventi drammatici accaduti ieri a Parigi, abbiamo sentito ancor più forte la responsabilità di ascoltarci, stringerci. Ieri alle ore 16 ci siamo trovati al Teatro Toselli di Cuneo. Hanno preso la parola gli autori francesi impegnati al festival, Jean-Paul Didierlaurent e Pef, con le istituzioni pubbliche. Il maestro Ramin Bahrami ha suonato l’Aria dalle Variazioni Goldberg di Johann Sebastian Bach. Desideriamo condividere il dolore e il desiderio di restare umani, e di rimanere uniti. Ecco i testi scritti e letti da Pef e Jean-Paul Didierlaurent

PEF

Piazza Galimberti, 14 novembre, un sole di novembre mi accarezza la schiena. Una fontana canta dalla sua bocca d’oro. Un nonno, un bambino in braccio, le si avvicina. Un bambino si appende all’acqua. Quanti anni ha questa acqua? Mille, diecimila anni? Quanti anni ha questo bambino? Un anno appena. Quasi sopra di me c’è la silhouette del resistente assassinato. Una di quelle sagome che si vedono nei poligoni di tiro. Un obiettivo. Si può riconoscere la ragnatela di un vecchio microfono per una trasmissione radiofonica. Non riesco a sentire la voce di Tancredo. Non parlo italiano, ma ho sentito questo silenzio italiano. E soprattutto questa mattina. Un silenzio scheggiato dai volti dei clienti del caffè. Un’eco simile alle risate di spiagge felici in estate. Queste voci di bambini per la pace del Sabato.

In un libro pubblicato lo scorso anno, “I miei cento anni di guerra”, ho scritto che la guerra non è esistita, per tanto tempo, a servire le sue razioni di sangue e lacrime.

 

La guerra ha anche i suoi codici. Si chiama ancora guerra, ma si traveste da conflitto religioso mentre profuma solo di petrolio.

Ho detto che dopo la morte di mio nonno e del mio prozio nel 1915 e 1915, fino a quando ho incontrato gli sminatori di Sarajevo o visto le rovine di Beirut, la guerra mi aveva solo scalfito, che dal 1945 cento conflitti avevano riempito i piatti e bicchieri. E qui ancora una volta sento un dolore infettare la mia anima. Ho aperto il mio computer, fatto partire un video girato da un giornalista dalla sua finestra. Spari, la gente riversa nel sangue. Un grido pietoso alla porta, perché si apra. La porta, la porta. Nel 1962, nella stessa strada Charonne, a Parigi, una porta si aprì, evitando a me e a mia moglie di morire alla fine di una manifestazione antifascista contro la guerra in Algeria. Se ci fosse un codice per entrare da quella porta, non sarei qui a parlare con voi.

La guerra ha anche i suoi codici. Si chiama ancora guerra, ma si traveste da conflitto religioso mentre profuma solo di petrolio. Per ragioni geopolitiche, per preservare i prezzi bassi del petrolio, non si butta un fiammifero sull’oro nero. La crescita ne rimarrebbe uccisa. Chiedo alla guerra di tirar fuori il suo libro di famiglia, la sua genealogia, la provenienza dichiarata dalla divisione di tutto il Medio Oriente dagli stati vincitori del 1918, che si lavarono le mani nel sangue di milioni di morti per una spartizione immotivata.

Questa mattina, appena prima che vedessi il video, è apparso un annuncio che mostrava sull’intero schermo James Bond, pistola in mano, e ricordava che il nostro tempo ha due missioni, mangiare e divertirsi. Qui a Cuneo, siamo stranieri in questo modello di vita. Siamo in questa isola-città. La nostra barca di carta è il nostro rifugio aumentano le nostre grida rabbiose. Ci ascolti, tu, Tancredi? Queste sono le grida di nuovi partigiani, nati questa mattina in quel caffè dove un bambino sembrava affondare nell’acqua. Non sapeva che noi siamo complici del suo stupore, e responsabili per la memoria della sua vita a venire.

JEAN-PAUL DIDIERLAURENT

Questa mattina l’aria aveva un sapore amaro, questa mattina i colori avevano un luccichio sgradevole. Questa mattina la vita stessa aveva un peso. Questa mattina sono entrato in una chiesa. Lì, in un silenzio benevolo, ho recitato preghiere che credevo dimenticate.

 

Davanti alla meravigliosa vetrina, ho pensato al mio nipotino.

Uscendo dalla chiesa, un negozio di giocattoli ha attirato il mio sguardo. Davanti alla meravigliosa vetrina, ho pensato al mio nipotino. A tutti i bambini e a tutti quelli che verranno. Alla vita che deve continuare, costi quel che costi. Chiudersi nelle proprie paure significa dare ragione alla barbarie. In questi istanti le parole libertà, uguaglianza e fraternità devono ritornare ad avere senso.

Questa mattina, io sono Paris.